Omessa dichiarazione al Comune dell’esenzione Imu, legittimo l’accertamento Pubblicità, tariffe impugnabili
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Omessa dichiarazione al Comune dell’esenzione Imu, legittimo l’accertamento
La normativa Ici/Imu impone una tempestiva dichiarazione al Comune per l’applicazione dell’esenzione del tributo in assenza della quale l’imposta è dovuta anche se l’immobile è utilizzato per fini istituzionali; è quanto affermato dall’ordinanza della Cassazione n. 20936/2024, che ha respinto il ricorso di una associazione religiosa nei confronti del Comune accertatore.
Osserva la Cassazione che prima ed indipendentemente dalla classificazione catastale dell’immobile in oggetto (si trattava di un immobile nella categoria C2), così come dalla prova (da darsi in giudizio ad onere della parte richiedente) della effettiva destinazione dell’immobile all’esercizio del culto, si imponeva una tempestiva dichiarazione al Comune per l’applicazione dell’esenzione, quale immobile destinato esclusivamente (o anche in parte) al culto. In tema di Imu, l’esenzione di cui all’articolo 7 , comma 1, lettera i), del Dlgs n. 504 del 1992 , in caso di immobile ad uso misto (nella specie, adibito in parte ad attività di culto ed in parte ad attività commerciale di casa per ferie) si applica proporzionalmente alla porzione destinata ad attività non commerciale, anche laddove non sia possibile procedere ad una sua autonoma identificazione catastale, purché vi sia una specifica indicazione del contribuente nella apposita dichiarazione che, nel caso in esame , non c’è stata.
Pubblicità, tariffe impugnabili
I contribuenti hanno un interesse attuale e concreto a impugnare la delibera con la quale l’amministrazione comunale aumenta le tariffe per la pubblicità, che incidono sul pagamento del canone. L’atto generale è immediatamente lesivo degli interessi delle società che operano nel settore pubblicitario tramite numerosi impianti autorizzati. Quindi, può essere contestato ancor prima del ricorso contro gli atti applicativi. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, settima sezione, con la sentenza 5906 del 3 luglio 2024. Per i giudici di palazzo Spada, “le ricorrenti avevano interesse ad impugnare la deliberazione consiliare che ha modificato le tariffe del tributo, senza che fossero onerate di impugnarla unitamente agli avvisi di accertamento”. “Gli atti gravati sono dunque immediatamente lesivi dell’interesse delle società originarie ricorrenti – operanti nel settore pubblicitario tramite numerosi impianti autorizzati sul territorio comunale – alla conformità delle tariffe ai limiti di legge”. Pertanto, sussiste un interesse attuale e concreto a contestare gli atti modificativi delle tariffe “dalle quali sarebbero direttamente pregiudicate, in quanto comportanti una maggiorazione del canone dovuto”