Adesione definitiva anche senza pagamento. Stop alle nuove prove per gli appelli proposti dopo il 5 gennaio 2024. Le novità nel contenzioso tributario dal 2 settembre 2024: una riforma digitale e procedurale per un sistema più efficiente.
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Adesione definitiva anche senza pagamento
La sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione da parte del contribuente e dell’Ufficio, cui non è seguito il successivo pagamento, non consente più l’impugnazione dell’avviso di accertamento originariamente notificato a nulla rilevando che la norma per il perfezionamento dell’atto adesivo faccia specifico riferimento al pagamento della somma dovuta o della prima rata. A fornire questo principio è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 26618 depositata il 14 ottobre.
Stop alle nuove prove per gli appelli proposti dopo il 5 gennaio 2024
I mezzi di prova non prodotti in primo grado sono da ritenersi inammissibili in appello: è la conclusione a cui è giunta la Corte di giustizia tributaria della Campania con sentenza n. 5321/08/2024 (presidente Scognamiglio, relatore Criscuolo), in ossequio al nuovo testo dell’articolo 58 del Dlgs 546/1992. La vicenda trae origine dall’impugnazione di un’intimazione di pagamento su quattro cartelle (di cui solo una riguardava l’agenzia delle Entrate), con cui veniva eccepita la mancata notifica delle cartelle stesse e, in ogni caso, il maturare della loro successiva prescrizione. I giudici di primo grado, accogliendo le ragioni del contribuente, hanno riconosciuto l’autonoma impugnabilità dell’intimazione, ancorché non inserita formalmente nell’articolo 19 del Dlgs. 546/1992, e rilevato, da un lato la prescrizione della pretesa tributaria vantata dall’ente impositore diverso dall’Erario, dall’altro, il fatto che l’amministrazione, seppur tardivamente costituita in giudizio, avrebbe prodotto – a riprova della notifica della cartella – una semplice “schermata” contenente la data di consegna.
Le novità nel contenzioso tributario dal 2 settembre 2024: una riforma digitale e procedurale per un sistema più efficiente
Uno dei cardini della riforma è l’obbligo di depositare e notificare gli atti processuali esclusivamente in modalità telematica. Questo passaggio obbligatorio alla digitalizzazione è stato progettato per garantire maggiore trasparenza, rapidità e controllo, riducendo significativamente l’uso della carta e snellendo il flusso di informazioni tra le parti e le autorità giudiziarie. In particolare, l’obbligo del deposito telematico riguarda sia il contribuente ricorrente che l’ente resistente, entrambi tenuti a utilizzare la piattaforma della giustizia tributaria per il deposito degli atti, dalle memorie difensive ai documenti probatori. La Posta elettronica certificata (Pec) diventa il canale esclusivo per le notifiche e le comunicazioni da parte della Corte di Giustizia Tributaria, con l’obbligo per le parti di mantenere aggiornato l’indirizzo Pec comunicato all’organo giudicante. La mancata notifica di eventuali variazioni dell’indirizzo Pec comporterà conseguenze sul rispetto dei termini processuali, poiché le comunicazioni della Corte saranno sempre considerate come valide se effettuate presso l’ultimo indirizzo conosciuto.
L’articolo 25-bis del Dlgs 546/1992, introdotto dal Dlgs n. 220/2023, stabilisce che la copia digitale di un documento deve essere accompagnata dall’attestazione di conformità all’originale, certificata dal difensore della parte che deposita il documento. In mancanza di tale attestazione, il documento non può essere preso in considerazione dal giudice.
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Il video
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Il podcast
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