Imprese tolte dal Registro, il liquidatore mantiene la rappresentanza Immobili destinati al culto esenti dall’Imu se dichiarati
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Imprese tolte dal Registro, il liquidatore mantiene la rappresentanza
Gli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese sono sospesi per cinque anni in favore dell’amministrazione finanziaria e degli agenti di riscossione, ma le pretese tributarie devono essere fatte valere con atti impositivi ritualmente notificati presso la sede legale della società oramai estinta e nei confronti dell’ultimo suo legale rappresentante, amministratore o liquidatore. E se costui nel corso di questi cinque anni è deceduto l’ente impositore non può rivolgersi ai suoi eredi o agli altri soci. Lo chiarisce la sentenza della Cassazione del 5 agosto scorso n. 21981. La decisione muove dall’articolo 28, comma 4, del decreto legislativo 175/2014, che sposta di cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese gli effetti dell’estinzione della società ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi, contributi, sanzioni e interessi. È una deroga all’articolo 2495 del Codice civile secondo il quale, dopo l’approvazione del bilancio finale di liquidazione, il deposito presso l’ufficio del Registro delle imprese e il decorso di 90 giorni senza che sia stato presentato reclamo, il conservatore cancella e la società si estingue.
Immobili destinati al culto esenti dall’Imu se dichiarati
Per usufruire dell’esenzione prevista dall’articolo 7, comma 1, lettera d), del Dlgs 504/1992, relativa agli immobili destinati al culto, il contribuente è tenuto alla presentazione della dichiarazione Imu. Questo è il principio affermato dalla Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 20936/2024. La questione affrontata dalla Corte riguarda un fabbricato, peraltro appartenente alla categoria catastale C/2, che il contribuente affermava essere destinato ad attività di culto. L’articolo 7, comma 1, lettera d) del Dlgs 504/1992, richiamato dall’articolo 9, comma 8, del Dlgs 23/2011, di disciplina dell’Imu prima della modifica apportata dalla legge 160/2019, stabiliva l’esenzione dall’imposta per i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione, e le loro pertinenze (esenzione peraltro vigente anche nell’Imu disciplinata dalla legge 160/2019). La Corte di cassazione ha ritenuto che la destinazione catastale del fabbricato fosse irrilevante ai fini dell’esenzione, ben potendosi svolgere l’attività di culto in qualsiasi locale. È invece rilevate l’omessa presentazione della dichiarazione del tributo da parte del contribuente.