Stampa & Tributi del 10 ottobre 2023

Più spazio all’autotutela se non si ottiene risposta. Ok alla notifica fatta alla badante. Nell’istanza di rimborso prova del contribuente. Valori delle tabelle comunali validi per gli accertamenti Imu. La definizione di rifiuto riguarda tutto ciò che si vuole o si deve gettare.

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Più spazio all’autotutela se non si ottiene risposta.

La delega fiscale si propone di potenziare l’esercizio dell’autotutela estendendone l’applicazione agli errori manifesti nonostante la definitività dell’atto, con impugnabilità del diniego ovvero del silenzio nei medesimi casi; nonché, con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate, limitando la responsabilità nel giudizio amministrativo contabile dinanzi alla Corte dei conti alle sole condotte dolose (articolo 4, comma 1, lettera h). Oggi l’autotutela è disciplinata dall’articolo 2-quater del Dl 564/1994, il cui decreto attuativo 37/1997 prevede casi (non tassativi) per cui l’istituto totale o parziale può operare, e ciò senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, a condizione non sia intervenuta sentenza passata in giudicato a favore dell’Amministrazione. Se la delega pare troppo liberale, esentando da responsabilità per colpa grave l’Amministrazione per le valutazioni di diritto e di fatto operate, la riforma richiederà uno sforzo per superare la disciplina dell’autotutela, dovendo bilanciarsi tra la codificazione dell’errore manifesto, il rispetto della stabilità dei rapporti giuridici pubblici e l’articolo 97 della Costituzione.

Ok alla notifica fatta alla badante.

Non è inesistente la notifica consegnata alla badante presso la propria residenza e non invece all’amministratore di sostegno. L’assenza di collegamento tra luogo della notifica e persona del destinatario non causa l’inesistenza della notifica, ma ricade nell’ambito della nullità sanabile con efficacia ex tunc per raggiungimento dello scopo. Così la sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano n. 3235 del 22/9/2023.

Nell’istanza di rimborso prova del contribuente.

Benito Fuoco e Nicola Fuoco

In tema di rimborso, l’onere della prova incombe sempre sul contribuente. Lo ha stabilito la sezione quinta della Cassazione, con l’ordinanza n. 25859/2023 del 5 settembre scorso. La vertenza riguarda la necessità di fornire elementi di prova nella richiesta di rimborso avanzata dal contribuente, quale onere a carico dello stesso contribuente richiedente il rimborso. Nel caso specifico, la Commissione tributaria regionale del Lazio, aveva, invece, ritenuto che a norma dell’articolo 6, comma quattro, della legge n.212/2000, l’ufficio finanziario non potesse richiedere documenti di cui era già in possesso.

Valori delle tabelle comunali validi per gli accertamenti Imu.

di Stefano Baldoni

La recente sentenza della Corte di cassazione n. 24589 del 11 agosto 2023 ha ribadito che i valori venali delle aree fabbricabili ai fini Ici, stabiliti con delibera comunale, sono validi anche ai fini dell’attività di accertamento. La Corte evidenzia, infatti, che si tratta di fonti presuntive, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti. Ne deriva che possono utilizzarsi per le annualità pregresse, in quanto, data la natura presuntiva, il contribuente può, anzi è gravato dall’onere di fornire la prova contraria. Cioè, può presentare elementi oggettivi, come perizie di parte, capaci di dimostrare il minor valore dell’area edificabile di proprietà, rispetto a quello risultante dall’applicazione dei valori comunali. In sostanza, i valori comunali operano come gli studi di settore o altri strumenti presuntivi del reddito. Tale facoltà, come detto, può essere esercitata anche nella nuova Imu, in virtù della norma del comma 777 della legge 160/2019. Dopo che tale potestà regolamentare non era stata confermata nell’originaria Imu, introdotta dall’articolo 13 del Dl 201/2011. Seppure diversi comuni, in virtù della potestà regolamentare generale in materia di entrate ex articolo 52 Dlgs 446/1997, avevano stabilito l’applicazione di valori venali medi, quantomeno come riferimento per i contribuenti.

La definizione di rifiuto riguarda tutto ciò che si vuole o si deve gettare.

Paola Ficco

La definizione legislativa di «rifiuto», fornita dal Codice ambientale (articolo 183, comma 1, lettera a), è di tipo “funzionale” poiché è rifiuto tutto ciò di cui il detentore si sia disfatto o intenda disfarsi o sia obbligato a farlo. Questo, a prescindere dagli elementi intrinseci di un oggetto o di una sostanza. Il principio è stato ribadito dalla Cassazione, con sentenza 39195, che ha respinto il ricorso di un’azienda contro la decisione della Corte d’Appello di Potenza (in linea con quella del Tribunale di Matera) che su una propria area aveva depositato campane e cassonetti di raccolta dei rifiuti in disuso e rimosso dalla strada accanto ad altri rifiuti depositati da terzi, configurando una vera discarica abusiva con plurimi e costanti abbandoni. La sentenza ha il pregio di presentarsi come una rassegna ragionata e completa della giurisprudenza di legittimità intervenuta negli anni su questo punto così controverso che, nonostante la chiarezza interpretativa della giurisprudenza, ancora induce in errore moltissime imprese.

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Il video

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Il podcast

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